La Diocesi di Bologna nel biennio 2020-2021 si è impegnata ad approfondire l’icona del seminatore, offrendo un cammino biblico per tutti in questo tempo di pandemia (cf Nota Pastorale di S. Em. Mons. Matteo Maria Zuppi). Riportiamo alcune risonanze dal “sapore” francescano, espresse negli incontri di preghiera mensili della Zona Pastorale Fossolo.

Padre nostro che sei nei cieli
S. Francesco nella piazza di Assisi spogliandosi delle sue vesti, intese restituire al padre, Pietro di Bernardone, tutti i beni terreni che egli gli aveva donato. Da quel momento S. Francesco riconobbe come suo padre solo il Padre che è nei cieli.
La conversione di S. Francesco come quella di ognuno di noi, incomincia dal riconoscimento di Dio come Padre. La spogliazione nella piazza di Assisi è segno della spogliazione che S. Francesco fece e che ciascuno di noi deve fare, da tutto ciò che impedisce di sentire il Padre nella vita.
Il Padre celeste ci apre a una dimensione trascendente che supera la terrestrità e che va al di là degli interessi di questo mondo. Senza il Padre celeste noi siamo degli orfani, viviamo nell’inquietudine e diventiamo come fuggiaschi senza meta. S. Agostino dice: “Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”.
Con il Padre la nostra vita ha un senso, poiché Egli è una forza, una casa, una patria. La scoperta del Padre è la scoperta della nostra dignità di figli e la fonte sorgiva della fraternità.
Ma come possiamo riscoprire Dio come Padre? Gesù ci ha insegnato a dire: “Abbà (= Papà) nostro”: se l’oggettività non diventa soggettività, se il Padre non diventa per me, per noi, allora resterà inaccessibile nella sua potenza e grandezza, nel suo aureo isolamento, come era nelle religioni antiche.
Nel suo commento al Padre nostro, S. Francesco dà ai “cieli” il significato di “angeli” e di “santi” sui quali Dio Padre fa ricadere la luce della conoscenza e il fuoco del suo amore “inabitando in essi”, Lui che è “il sommo bene, eterno, dal quale viene ogni bene, senza il quale non vi è alcun bene”.

Sia santificato il tuo nome
Che cos’è la santità? È vivere la vita in pienezza, è vivere la vita di Dio. I santi sono vivi di una vitalità che non si consuma, di una vitalità che è carità e misericordia.
Che cosa significa “il tuo nome”? Il nome è la persona, la presenza. “Il tuo nome” è la persona del Padre che si rivela in Cristo.
Da chi e dove deve essere santificato il tuo nome? Deve essere santificato da Te in noi, poiché sei Tu la sorgente della santità.
Come? Invocando la tua parola affinché muti il nostro cuore, affinché sia resa vitale da Te (non da noi), poiché la sorgente di vita è la tua presenza in mezzo a noi.
Signore, rendici santi, rendi efficace in noi la tua presenza!
“Se una persona dice: “Padre nostro, sia santificato il tuo nome”, non sta chiedendo che sia aggiunto qualcosa alla santità di Dio; egli chiede piuttosto di poter possedere una mente e una fede tali da sentire che il tuo nome è onorevole e santo” (S. Cirillo di Alessandria). Chiede che “si faccia più chiara in noi la conoscenza di Te, per poter vedere l’ampiezza dei tuoi benefici, l’estensione delle tue promesse, i vertici della tua maestà, le profondità dei tuoi giudizi” (S. Francesco, Commento al Padre nostro).
In queste parole S. Francesco riecheggia le parole di S. Paolo (Ef 3,18) sottolineando la grandezza di Dio che ci può aprire, se noi Lo ascoltiamo, a una dimensione trascendente, resa accessibile dall’intervento della grazia di Dio che ci permette di “vedere” l’invisibile, di trasgredire i nostri limiti, la nostra ristrettezza di vedute, di amplificare il nostro angusto orizzonte.
Vediamo la luce solo dopo aver riconosciuto la nostra debolezza e i nostri limiti; mentre rimaniamo nell’oscurità se poniamo al centro dei nostri interessi e delle nostre azioni sempre e solo noi stessi. L’affermazione di noi stessi ci rende opachi.
La santità è la luce che illumina la nostra vita.

Lucia Baldo

Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata