Saluto di Alessandro Rondoni

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Ho il piacere di portare il saluto dell’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana) Emilia-Romagna, del suo presidente regionale, Matteo Billi, e come direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali Ceer.
È opportuno mettere subito in campo un tema politico per i giornalisti: la libertà di informazione in Italia e il taglio dei fondi all’editoria, oggi di strettissima attualità, che mette a rischio il pluralismo. Se vogliamo, quindi, unire i cattolici, se desideriamo ritrovarci insieme, allora incontriamoci anche su queste emergenze, sui bisogni, sulle necessità del nostro tempo. I princìpi li abbiamo, e ringraziamo Mons. Mario Toso che con il suo libro Cattolici e politica ci ricorda anche come applicarli.
Ora, quindi, andiamo a cercare i modi nuovi, adeguati ai tempi di oggi, per viverli e condividerli. Sono cresciuto nella “bottega” redazionale di Cseo (Centro Studi Europa Orientale) a Forlì dove si traducevano i testi clandestini del Samizdat che giungevano in Occidente dall’Europa dell’Est in un’epoca in cui i muri erano ancora ben alti. Si studiavano, infatti, i testi di Havel, Tischner, Wojtyla, Solidarnosc che arrivavano dalla ex Cecoslovacchia, dalla Polonia, dall’Est Europa, da quelle terre dove vi era l’ansia della libertà. La rabbia e la protesta sono state incarnate da un elettricista, Walesa, che ha preso sul serio il problema del lavoro, specialmente dei giovani, degli operai dei cantieri di Danzica e delle generazioni future.
Oggi dobbiamo fare altrettanto: non dobbiamo lasciare spazio agli urlatori di piazza, dobbiamo essere noi, e lo dico anche da giornalista, a interpretare i disagi e i bisogni della gente. Questo è il compito anche della politica che, per quanto possibile – lo ha detto nel suo saluto pure l’assessore del Comune di Bologna – deve tentare di rispondere ai bisogni dei cittadini.
Altro tema è quello della formazione, e siamo qui a ribadirlo proprio all’Istituto Veritatis Splendor. Quanto bisogno abbiamo di formazione, anche giornalistica e politica! Negli anni scorsi ho fatto tre campagne elettorali e sono stato cinque anni in Consiglio Comunale. In merito al mio impegno istituzionale ripetevo sempre che si trattava di un servizio. «Faccio volontariato a Forlì, alla mia città», dicevo. Certo, avrei potuto dedicarmi agli anziani, ai minori, ai disabili, tutto molto importante. L’ho fatto passando ore e ore in Consiglio Comunale, per la democrazia e per rappresentare i bisogni dei miei concittadini.
Anche questa è una forma di carità, una dimensione del volontariato! Mettiamocelo bene in testa: la carità ha persino questa faccia pubblica. Servono cattolici impegnati in politica, non per sbandierare qualcosa di parte, di fazioso, ma per salvare la stessa democrazia in Italia. Oggi è necessario questo e, quindi, il nostro impegno ha uno scopo alto. Papa Francesco ce lo ha ricordato l’1 ottobre 2017 a Cesena dove, parlando del senso della politica e del bene comune da una piazza guarda caso chiamata “Piazza del Popolo”, ha esortato a ripartire proprio da lì, dal crocicchio, in mezzo alla gente, dalla piazza. E questo oggi è un modo, uno stile, un metodo “rivoluzionario”.
Non si riparte, quindi, dai partiti – perché si fa fatica a trovarne uno credibile, e può dispiacere –ma si ricomincia “dal basso”. Dobbiamo arrivare ad un nuovo metodo di presenza perché i partiti sono profondamente in crisi, anche per l’annosa questione del finanziamento pubblico che è stato madre di tante sciagure… Nella Costituzione italiana, pertanto, dobbiamo indicare, in modo esplicito, che cosa sono i partiti, come si fanno, come si governano e come si accede alle candidature. È perciò necessario superare un deficit costituzionale e avere il coraggio di affermarlo chiaramente se si vuole evitare il “padrepadrone” o il “partitone” o non so che altro, magari di occulto dietro ai computer, che bloccano l’accessibilità, il ricambio e la libera scelta di candidarsi.
Sono temi concreti per rimetterci insieme a ragionare e, come ci chiede il prof. Stefano Zamagni, è molto importante oggi fare sforzi nella direzione di un nuovo welfare generativo, sennò non ce la facciamo a reggere. Il sistema del welfare tradizionale è in crisi, l’assistenzialismo in Italia blocca tutto, questo anche al di là delle buone intenzioni. Il compito della politica, quindi, è arrivare a nuove soluzioni. In conclusione, ricordo che nei prossimi mesi vi saranno delle importanti elezioni che sollecitano il bisogno di unirsi in un impegno comune: le Amministrative, che pongono al centro i bisogni delle proprie città, e le Europee, che sono di più ampio respiro perché ci fanno andare oltre i confini e oltre i muri per costruire la “casa comune” di cui abbiamo bisogno e proprio per questo sono molto importanti.
Mons. Toso lancia il cuore oltre l’ostacolo e nel suo libro scrive una frase che sintetizza l’ora che stiamo attraversando: «Urge un popolo convintamente europeo». “Urge”: è un’urgenza, quindi è una priorità. “Un popolo”: ci vuole non una singola persona, non un singolo protagonista della politica, un grande parlamentare, un leader assoluto, ma un popolo. Occorre quindi un popolo e su questo abbiamo tanto da offrire. “Convintamente”: non dobbiamo solo lamentarci, ma andare a vedere e a riconoscere le ragioni di questa Europa.
La vogliamo cambiare, ma la cambiamo costruendola! “Europeo”: l’Europa è la nostra casa comune, lì vi sono anche le nostre radici. Noi qui ora siamo Europa. E da giornalisti siamo chiamati anche a fare comunità, come ci chiede il Papa nel suo messaggio di quest’anno per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Grazie, buon lavoro.

Alessandro Rondoni
Direttore Ufficio Comunicazioni Sociali Ceer