Doctor Evangelicus

Lucia Baldo

La centralità di Cristo
S. Antonio (Lisbona 1195 circa – Padova 1231) nel 1220 passò dai canonici dell’Ordine agostiniano, prima di Lisbona e poi di Coimbra, all’Ordine francescano, ponendosi come il primo maestro della Scuola francescana dopo S. Francesco. Per lui la teologia era scienza della divina Scrittura, in opposizione alle scienze mondane di quei prelati che si dedicavano allo studio della teologia per ottenere ricchezza e potere.
Nel pensiero francescano la teologia è la stessa Parola di Dio. Non è una riflessione su Dio con parole dell’uomo, ma è un ascoltare Dio che parla all’uomo. È un parlare di Dio in senso soggettivo piuttosto che oggettivo.
Prima di Giovanni Duns Scoto, S. Antonio afferma decisamente il valore pratico della scienza teologica mossa dall’amore. La teologia è per S. Antonio la promozione della vita umana e cristiana in una comunione sempre più profonda con Gesù Cristo, da cui emana una dolcezza che rinnova l’anima.
Tutta la Sacra Scrittura, sia l’Antico sia il Nuovo Testamento, riguarda e rivela Gesù Cristo, centro di tutta l’economia della salvezza e di tutto il pensiero teologico di S. Antonio.
Come nota Alfonso Pompei, la dottrina cristocentrica di S. Antonio, che è quasi identica in S. Bonaventura, esprime la centralità di Cristo soprattutto nella mediazione tra Dio e l’uomo. Cristo, in quanto Dio e in quanto uomo, si pone come mediatore tra Dio offeso e l’uomo offensore per rinnovare la pace e l’amore tra i due. Questo ufficio di pacificatore è il ministero o il servizio di Cristo che amministra la pace della grazia a ciascun uomo. Per S. Antonio Cristo è al centro di ogni cuore (“in medio cordis”) perché la grazia si irradi a noi che “siamo nella circonferenza”, cosicché a nostra volta partecipiamo della centralità di Cristo praticando la virtù della carità che è “media” sempre, in quanto “si estende tanto all’amico quanto al nemico”.
Il primato dell’amore
Nella Lettera Apostolica “Exulta, Lusitania felix” (1946), Pio XII dichiara che il Santo di Padova era innamorato di Cristo e del suo Vangelo ed illustrava con intelletto d’amore la divina sapienza attinta dalla lettura assidua della Sacra Scrittura. Per questa ragione Pio XII ritiene che gli spetti “iure meritoque” il titolo di “Doctor Evangelicus” della Chiesa universale.
S. Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica per il 50° Anniversario dell’attribuzione a S. Antonio del titolo di Dottore della Chiesa, osserva che il Santo di Padova era convinto che, nell’ascolto della Parola di Dio proclamata e celebrata nella Chiesa, l’uomo non trovasse soltanto il senso pieno del suo agire, ma anche se stesso e la luce che porta il dono della pace interiore (cf. Sermones, I, 76-78).
Per il Dottore evangelico la Sacra Scrittura, costantemente meditata secondo il ritmo scandito dalla liturgia della Chiesa, diviene la fonte primaria di conoscenza per la teologia, così che questa è “il cantico nuovo che risuona soavemente agli orecchi di Dio e rinnova lo spirito” (Sermones, I, 255).
Il “cantico nuovo” di questa teologia è strettamente collegato alla testimonianza che i primi biografi di S. Francesco ci offrono della teologia del Santo di Assisi.
Il Celano dice che un frate dell’Ordine dei predicatori “uomo spirituale e dottore in sacra teologia” che gli aveva richiesto un parere sull’interpretazione di un passo di Ezechiele, affermò con stupore: “Fratelli miei, la teologia di quest’uomo vola come aquila. La nostra scienza invece striscia terra terra” (FF 609). Attesta il Celano: “Quantunque quest’uomo [S. Francesco] non avesse ricevuto nessuna formazione di cultura umana, tuttavia, istruito dalla sapienza che discende da Dio e irradiato dai fulgori della luce eterna, aveva una comprensione altissima della Scrittura. La sua intelligenza, pura da ogni macchia, penetrava le oscurità dei misteri e ciò che rimane inaccessibile alla scienza dei maestri era aperto all’affetto dell’amante” (FF 689).
Come la teologia di S. Francesco, anche quella di S. Antonio è sapienza di inestimabile valore che si innalza e vola come aquila, nello slancio inesauribile del circolo ermeneutico: amare per conoscere, conoscere per amare. S. Giovanni Paolo II nella sua Lettera Apostolica sopra citata, afferma che “dalla sete di Dio, dall’anelito verso Cristo nasce la teologia che per S. Antonio è irradiazione dell’amore a Cristo”.
È una teologia che scruta il rivelarsi misterioso dell’amore di Cristo nelle Sacre Scritture e penetra nel mistero dove la scienza dei maestri resta fuori.
Fu proprio questo primato dell’amore nella disposizione di spirito di S. Antonio a spingerlo ad entrare nell’Ordine religioso di S. Francesco come risposta alle sue profonde esigenze spirituali. Decisiva in tal senso fu l’esposizione a Coimbra nel 1220 delle reliquie dei primi cinque missionari francescani che si erano recati in Marocco dove avevano incontrato il martirio.
Questa vicenda fece nascere nel Santo di Padova il desiderio di imitarli e di avanzare nel cammino della perfezione cristiana che si compie nella contemplazione della croce. La croce diviene così luogo dell’amore divino “che entra nella sfera degli affetti, della volontà, del cuore e che è anche la sorgente da cui sgorga una conoscenza spirituale che sorpassa ogni conoscenza” (Benedetto XVI, Sant’Antonio di Padova, il grande predicatore, 10 febbraio 2010, Catechesi).

Allo scopo di far conoscere il pensiero di sant’Antonio, fornendo un primo orientamento a chi si accosta alla non facile lettura dei ‘Sermoni’ antoniani, è stato preparato questo strumento di consultazione, che certamente non esaurisce la vastità della dottrina teologica, morale e spirituale contenuta nei ‘Sermoni’, ma ne permette un utilizzo mirato, quasi dando al lettore una mappa per districarsi nell’intreccio complesso della grande opera antoniana. Il dizionario contiene 39 voci che toccano in prevalenza argomenti morali (vizi e virtù del cristiano) nonché la vita sacramentale (in particolare la confessione e l’eucaristia), la preghiera, la penitenza, la concezione della vita umana e una chiara visione circa il destino ultraterreno che la fede e la speranza indicano come la meta ultima del pellegrinaggio terreno.

Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata