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Il Cantico è lieto di pubblicare in questo Speciale i contributi emersi nell’ambito dell’evento accolto dall’Istituto Veritatis Splendor (Diocesi di Bologna) il 13 marzo 2017 per la presentazione del libro “Per una nuova democrazia” di S.E. Mons. Mario Toso, Vescovo di Faenza Modigliana. L’incontro – promosso da: Fraternità Francescana e Cooperativa Soc. Frate Jacopa, Consulta ecclesiale per la pastorale sociale dell’Emilia Romagna, “A gonfie vele” Scuola di formazione sociale di Faenza- Modigliana, AC, Mlac, Mcl e Acli – è stato moderato dal giornalista Luca Tentori. Alla tavola rotonda, introdotta dalla Prof.ssa Vera Negri Zamagni, hanno partecipato il Prof. Stefano Zamagni, l’On. Ernesto Preziosi e lo stesso autoreMons.Mario Toso. Certi che l’apporto di tali esperti sia di aiuto ad accogliere adeguatamente le importanti sollecitazioni e luci che il libro consegna a tutti noi, pubblichiamo di seguito quanto ci è stato donato durante l’incontro. Ricordiamo che è possibile rivedere l’intero evento sul Canale YouTube dell’Istituto Veritatis Splendor, che ringraziamo sentitamente anche per questo servizio.

Introduzione di Vera Negri Zamagni

ManifestoPer introdurre la presentazione del volume di S. E. Mons. Mario Toso mi richiamerò ad una opportuna affermazione dell’autore: “La democrazia non è mai una conquista definitiva. Permane sempre l’esigenza di darle un’anima e un corpo nuovi” (p. 5).
La storia, infatti, non è una ripetizione routinaria di medesime situazioni, ma si nutre degli eventi passati per produrne di nuovi ed inediti, che necessitano di nuove analisi ed interventi.
Molti sono gli spunti contenuti nel volume che aiutano in questa operazione di ripensamento della democrazia nel contesto attuale, che è oltremodo necessaria a causa del grave deterioramento del rapporto tra democrazia e capitalismo a cui stiamo assistendo. In passato, il capitalismo era sempre stato un forte sostenitore della democrazia, per via della libertà di azione economica in essa goduta, della preminenza del profitto (ottenuto nell’attività imprenditoriale) sulla rendita (ottenuta per il semplice possesso di un bene) e degli aiuti che governi democratici avevano sempre offerto per promuovere, puntellare, salvare le attività economiche. Oggi l’apertura globale del capitalismo fa sì che i soggetti economici forti – le transnazionali – si ritengano capaci di badare a se stesse e di non avere più bisogno di governi democratici.
La loro attività si esplica ormai a livellomondiale a seconda delle loro convenienze e può venire facilmente “delocalizzata” se i governi locali, di qualunque tipo essi siano, democratici o dittatoriali, non si dimostrano sufficientemente collaborativi. La ricerca innovativa non attende più che il genio individuale emerga da un clima di libertà, ma viene pianificata dalle medesime aziende, che si avvalgono di ricercatori provenienti da tutto il mondo e non hanno bisogno della democrazia politica per funzionare. Sono questi i motivi principali per cui il capitalismo non è più interessato alla democrazia.Anzi, ne può temere gli effetti di limitazione alla sua libertà di conquista generati da basi elettorali che, scontente di come va la distribuzione del reddito, possono essere portate a votare limitazioni al capitalismo. A questo punto, il capitalismo finisce col vedere nella democrazia un inciampo al suo trionfo e cercherà di “addomesticare” la democrazia, piegandola ai suoi voleri anche attraverso una diretta presa del potere da parte di esponenti del grande capitalismo.
Questa estraniazione del capitalismo dalla democrazia porta con sé la rovina dei due piloni su cui la democrazia si è sempre basata: giustizia e fraternità.
Infatti, la regola democratica di “una testa un voto” si regge sugli assunti che:
a) le persone hanno tutte un uguale valore – mentre oggi vediamo una inedita crescita delle diseguaglianze economiche e sociali – e b) devono essere sostenute nella loro fragilità con reti di solidarietà, che oggi si vuole sempre più circoscrivere o mettere nelle mani dei grandi imprenditori che hanno avuto fortuna, attraverso le loro Fondazioni miliardarie.
La domanda è: sarà migliore un mondo senza democrazia, senza giustizia e senza solidarietà? La Dottrina Sociale della Chiesa è ferma nella convinzione che sarà un mondo insostenibile, che scivolerà verso l’autodistruzione. Infatti, quanto più complessa è la nostra società, tanto più essa si basa sulla cooperazione di tutti, sul fatto che ciascuno dia il proprio contributo là dove lavora e sul fatto che ci sia una fiducia generalizzata che i comportamenti collettivi saranno improntati a regole condivise. I disastri prodotti oggi dal terrorismo, che infrange regole e fiducia, sono lì a dimostrare quanto regole e fiducia siano necessari. Ma una cooperazione generalizzata può avvenire solo se le persone hanno la consapevolezza di avere diritti che non saranno calpestati e sanzioni certe se non ottempereranno ai propri doveri.
Se queste certezze hanno una base ispiratrice solida nel cristianesimo, come fare nel mondo di oggi a riproporle in un contesto neo-liberista che hamesso da parte i comportamenti virtuosi per esaltare quelli viziosi, secondo i suggerimenti di Mandeville?
Come fare ad avvisare i nostri concittadini della china spaventosa sulla quale stiamo camminando, togliendoli dalla loro inerzia? Il volume di Mons. Toso offre molti suggerimenti per rispondere a queste due domande e i due invitati a questa presentazione raccoglieranno quelli più congeniali alla loro preparazione, che intendono raccomandare. Predisponiamoci dunque all’ascolto.

Vera Negri Zamagni
Coordinatrice Settore DSC Istituto Veritatis Splendor